Salerno di notte

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SALERNO SENSACIONAL

mercoledì 28 agosto 2019

LE VOSTRE STORIE (8)


Sono nata in un piccolo paese in provincia di Cagliari alla fine degli anni settanta. Un anno dopo a circa trenta chilometri di distanza nasceva Isabella Oneda.

Purtroppo la piccola Isabella nacque con l’anemia mediterranea, nota anche come talassemia, una malattia del sangue ereditaria molto grave causata da un difetto genetico che provoca la distruzione dei globuli rossi. La bimba dopo qualche anno morì. 

La storia di Giuseppe e Consiglia Oneda fece scalpore in tutto il mondo. Questi fedeli Testimoni subirono un processo ingiusto e alla fine furono riconosciuti colpevoli e condannati a quattordici anni di reclusione più tre di libertà vigilata. Gli fu anche sospesa l'esercizio della potestà di genitori nei confronti dell’altra figlia, Ester. 

Questa triste vicenda fa parte della storia moderna dei Testimoni di Geova in Italia.

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Naturalmente io non mi resi conto di quanto stava succedendo all'epoca perché anche io avevo i miei guai familiari. Mio padre lasciò me e mia madre quando avevo appena due anni. Andammo via dalla Sardegna, e facemmo bene, perché dopo  poco mio padre finì addirittura in prigione. Arrivammo così in un piccolo paese del Piemonte e per un anno fummo ospitati da una zia di mio padre, poi mia madre trovò una cascina in affitto.

La mamma aveva trovato un lavoro modesto, non ce la passavamo benissimo, eravamo in una situazione di povertà, ma intanto mia zia  aveva cominciato a studiare la Bibbia con i Testimoni Di Geova. Avevo cinque anni quando mia madre, incoraggiata da mia zia, cominciò lo studio biblico e subito cominciammo a frequentare le adunanze. Da lì a poco fece progresso e si battezzò dopo circa due anni. Anche io naturalmente proseguivo col mio studio personale con una sorella della congregazione e mi avvicinavo a Geova.

Finalmente trascorremmo qualche anno felici, ne avevamo proprio bisogno.  Le cose cominciarono a migliorare, trovammo un alloggio in una casa popolare e i fratelli aiutarono mia madre a trovare altri piccoli lavori di pulizia.  Ero felice, servivamo Geova insieme a mia zia e ai miei cugini.

Ma la felicità durò poco. Dopo il battesimo mamma dovette affrontare le sue debolezze. Sviluppò uno spirito critico fino a lasciare Geova per un uomo. Non potevo credere che lo stesse facendo veramente, io avevo solo dieci anni e la mia vita stava andando a rotoli. E intanto a casa nostra entrava un altro uomo.

Quante lacrime versai, quante sofferenze, mamma aveva lasciato la verità e trattava male anche me. Continuavo a pregare Geova ma ormai eravamo lontani da Lui. 



Quasi tutti gli anni tornavamo in Sardegna per le ferie. A quattordici anni finalmente rividi mio padre. Non ero felice con la mamma e cominciai a pensare alla possibilità di ritornare in Sardegna, di riallacciare i rapporti con mio padre e vivere con lui. Ma anche questo sogno durò poco, in quello stesso anno mio padre morì in un incidente stradale.

Intanto gli anni passavano ma le cose in famiglia per me peggioravano. Venivo trattata come un'estranea e nel frattempo era nata una sorellastra. Iniziai a lavorare per mettere dei soldi da parte e andare via da quella casa, ma i soldi li prendevano tutti loro, e infine avevo venti anni quando mi misero alla porta senza nessuna spiegazione logica. 

Per fortuna un'amica mi ospitò a casa sua. In quel periodo entrai anche a fare parte di un gruppo cattolico, cercavo di giustificarmi, e mi dicevo che forse Geova mi accettava lo stesso per il modo in cui ero stata trattata e per tutto quello che mi era capitato nella vita.

E un estate in Sardegna conobbi mio marito. Non avendo mai avuto una guida nella vita mi sono fidata della prima persona che diceva di amarmi.
La mia storia è simile a quella di tante altre. Inizia con la parola amore, finisce con le violenze e i maltrattamenti.

Intanto eravamo andati ad abitare a Roma e nel corso degli ultimi anni varie volte ho cercato di riavvicinarmi alla verità. Ma l’opposizione violenta di mio marito e i suoi maltrattamenti fisici e psicologici mi facevano perdere ogni dignità. Avevo tanta paura e mi sentivo  fragile e incapace. di tutto.

Ho cercato sempre di riprendere a studiare ma non sono mai riuscita ad andare avanti. Il lavoro, le preoccupazioni dei figli e la persecuzione violenta di mio marito mi toglievano ogni possibilità.

Poi c’è stato un periodo di separazione da mio marito e, finalmente, ha capito come ho a cuore la verità, non mi ha fatto più opposizione. 

Da quasi un anno e mezzo è iniziato il mio progresso Cristiano. La vita non è semplice ma è meraviglioso fare parte dell'organizzazione di Geova.

Da novembre sono proclamatrice e ho completato le domande per il battesimo. Dobbiamo decidere con gli anziani quando potrò battezzarmi. Non ho l'appoggio della mia famiglia, ho due figli adolescenti, ma per adesso non sono interessati, si sa quando si è ragazzi da quali cose si è attirati. 

La congregazione mi è sempre stata vicina con vero amore fraterno. La sorella che mi fa lo studio è come una sorella carnale per me, le sono riconoscente. A volte mi sento giù, ma mi sforzo cercando sempre Geova. Sono più tranquilla e più appagata. Prima mi sentivo abbattuta, disperata, m'incolpavo di non riuscire a servire Dio.

Con mia madre ho ripreso i contatti e un minimo di rapporto, ci siamo ritrovati con lei e con la mia sorellastra. Le ho incoraggiate a studiare. Mia madre vorrebbe ritornare ma non ce la fa a fare il percorso per essere riassociata. Non ho nessun rancore verso di lei, sono solo tanto dispiaciuta.
La mia sorellastra ha studiato tre mesi e poi si è fermata, spero che riprenda.

Per quanto riguarda mio padre, conobbe Giuseppe Oneda perché si ritrovarono nello stesso carcere. Gli altri carcerati cercavano di aggredire il fratello Oneda. Lui e la moglie erano considerati gli assassini della figlia, e si sa in carcere come sono considerate queste cose. Mio padre lo difese dagli altri carcerati,  lo prese sotto la sua protezione. Rischiò la sua vita per lui. Mio padre credeva in Dio, ma a volte il luogo dove nasci e il contesto dove vivi ti portano a pensare che non sei degno. Forse in circostanze diverse avrebbe potuto accettare la verità.

Oggi mi deprime rimanere in casa, non posso collegarmi con zoom perchè non ho il Wi-Fi, quindi non vedo i fratelli, posso sentirli solo per telefono, ma sono sicura che Geova non mi lascerà più. 

Il mio primo obiettivo è il battesimo, ma ne ho già altri. Cercare di fare il possibile per aiutare la mia famiglia. Rimanere fedele a Geova e rivedere mio padre nel nuovo mondo. 

Queste sono le cose che desidero di più.

Con voi dalla disperazione alla luce_

1 commento:

SabrinaS. ha detto...

Ciao,

Penso che con una chiaetta, scheda puoi connetterti con il tablet o telefono a zoom!


Con la preghiera, poi...😀

Mai, ho udito parole più belle:

"Dio non prova piacere nella distruzione del malvagio, ma quando perverte la sua via!!!