Eravamo semplicemente ragazzi senza guida. Come si dice: "senza arte ne parte."
Qualcosa che era normale vedere per Salerno a quei tempi, erano le lunghe file di seminaristi con vocazioni religiose. Poi c’era chi si impegnava socialmente o chi si interessava di politica. Spesso notavo i giovani comunisti impegnati nel volantinaggio, o anche i giovani di destra più spavaldi e determinati. Non che mi interessasse qualche ideologia in particolare, ma non potevo non pensare come almeno loro credessero in qualcosa, avessero uno scopo nella vita.
Il mio gruppo si limitava ad esistere. Il nostro scopo era trovare qualcosa che per noi fosse divertente da fare. Facevamo cose strane, sicuramente stupide, ma cosa fare per riempire altrimenti un vuoto mentale? Una vita che sembrava assolutamente inutile?
Ogni tanto ci creavamo uno slogan, un modo di dire, una parola, un’espressione più o meno articolata. Qualcuno un giorno disse che cercava la chiave della vita. Per un periodo divenne il nostro tormentone. Hai trovato la chiave? Stai cercando la chiave? E ridevamo come deficienti!
Una sera notammo una giovane coppietta che frequentava la nostra zona. Erano soliti incontrarsi di sera e cercare qualche posto per isolarsi.
Una traversina buia, una panchina isolata, per loro andava bene tutto. Diventarono il nostro bersaglio preferito. Ci appostavamo, li seguivamo e cominciavamo ad infastidirli. Qualche pietra, qualche urlo. Diventammo il loro incubo, non potevano più vedersi senza essere in qualche modo infastiditi.
Quale fu l’errore più grande della sua vita? Ebbene una sera entrò nel nostro bar e chiese al gestore se aveva da prestargli cinque lire per prendere l’ascensore. Non l’avesse mai fatto!
Lui ogni sera era solito venire al bar a comprare un litro di latte. La sera successiva mentre chiedeva alla cassa il latte, uno di noi si rivolse al gestore chiedendogli se avesse 5 lire da dargli. Non successe niente. Il buon uomo non ci fece neanche caso. Ma la stessa cosa avvenne anche nelle sere successive. Ogni volta che entrava nel bar, qualcuno di noi tirava fuori una frase compiuta: “Ho perso cinque lire, chi l’ha trovata?” – “Per cinque lire , non mi ha fatto entrare al cinema!” - “Mia madre non mi ha voluto dare neanche cinque lire”…
Cosa ci vuole per trasformare un distinto ed educato signore in una belva infuriata! La sua reazione, ovviamente, invece di scoraggiarci ci spinse a continuare la tortura. Così bastava vederlo in lontananza per iniziare il coro:
“Cinque lire. Cinque lire. Cinque lire!”
Per chi ama le storie della Salerno che fu:
http://rideresalerno.blogspot.it/2016/05/la-salerno-che-fu-72.html
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